martedì 25 settembre 2007

Falce & Carrello

« Con oltre 50 miliardi di euro di fatturato, il 3% del Pil, il gruppo Legacoop è la terza impresa italiana, dopo Eni e Fiat. Domina un quarte del mercato della grande distribuzione. Dà lavoro a oltre 400mila persone. E’ presente in Borsa con alcune società, fra cui Unipol. Insomma, non sono certo dei poveracci. Eppure godono di vantaggi fiscali inauditi: basti pensare che l’imposta sugli utili societari (Ires), incide sull’utile lordo delle Coop solo per il 17%, contro un’incidenza del 43% sull'utile lordo di una società non cooperativa come l’Esselunga. Una differenza di 26 punti percentuali. E’ proprio questo divario ingiustificato che ha fatto rizzare le orecchie alla Commissione Europea. La Commissione ha già inviato a Palazzo Chigi una lettera dove si chiede conto del regime agevolato di cui godono le nove maggiori cooperative. La contestazione principale riguarda proprio il fatto che, a differenza di altre imprese, le Coop non pagano le tasse su buona parte degli utili. A Bruxelles sospettano che anche la nuova normativa configuri un aiuto di Stato, vietato dai trattati europei». Dalle dichiarazioni dell’imprenditore brianzolo Bernardo Caprotti alla presentazione del suo libro «Falce e carrello»

Riporto questo passaggio del libro, perchè tratta una delle tante porcate coop, avvenuta a qualche centinaio di metri da casa mia:

Riporto questo passaggio perchè tratta una vicenda successa a poche centinai di metri da casa mia:
Il 19 maggio 1999, Esselunga attraverso la società Iridea sottoscrive un accordo da 40 miliardi di lire per l’acquisto dell’area ex Hatù in Via Costa e la costruzione di un supermercato con due piani di parcheggi. Poi accade l’imponderabile: nel sito viene identificato «un complesso rustico di età etrusca di indubbio e rilevante interesse archeologico». Che fare? «Il 16 novembre ’99 il ministero, a firma del direttore generale Mario Serio, ministro la signora Giovanna Melandri, appose il vincolo. Non si tocca più niente. L’impatto sull’opera a costruirsi era devastante. I parcheggi interrati irrealizzabili. La strada della rimozione con collocazione altrove dei resti archeologici ci fu detta non percorribile».
A febbraio 2000 Esselunga getta la spugna. E qui capita un fatto ancor più imponderabile: entra in azione la Coop Adriatica di Pierluigi Stefanini. Tempo due anni due e il supermercato è pronto e aperto. Ma come, i resti etruschi dell’antica Felsina? Caprotti va in perlustrazione e li trova «nella zona verde, all’apparenza abbandonata, in fondo alla via della Nuova Certosa, a Bologna. In un recinto con la base in cemento, sovrastato da una squallida griglia zincata, stavano “valorizzati” e coperti da una plastica nera in gran parte nascosta dalle erbacce, i segni di una perduta civiltà». Il trasloco dei reperti, negato a Caprotti come eresia, era stato concesso in un amen a Coop Adriatica.


Come al solito la legge è uguale per tutti, ma per i compagni (che ricordiamo sono "quelli deboli") è più uguale che per altri.... Il libro comunque sono proprio curioso di leggermelo.

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